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il restauro
geloso
g-221-a 12
Il G-221-A è un amplificatore Geloso costruito nel 1960 a Milano.
La potenza di uscita musicale è di 12 Watt e l’assorbimento è di circa 60VA com’è possibile vedere nell’etichetta del prodotto qui a lato.
La particolarità di questa macchina è che , oltre ad un alimentazione alternata da rete ( 220v – 160v – 140v -125v -110v ) , è disponibile un alimentazione in corrente continua tramite l’uso di una batteria da 6 volt o da 12 volt. La scelta del voltaggio di alimentazione in DC configura due prodotti differenti : il G-221-A 12 e il G221-A 6 … il cui ultimo numero indica proprio il voltaggio per l’alimentazione in cc.
Questo è dovuto al fatto che, come vedremo in seguito, per le due tensioni cambiano alcuni dettagli e, in particolare, il cablaggio per l’alimentazione dei filamenti e il modello del vibratore non sincrono che è il 1463/12 per i 12 volt e il 1463/6 per i 6 volt.
Le valvole montate sono 4 :
- 12AT7 un doppio triodo in cui il primo si occupa di preamplificare il segnale micro e il secondo preamplifica l’ingresso fono
- 12AX7 cioè la comune ECC83, un doppio triodo chiamato a pilotare le due valvole finali in modalità Push-Pull e quindi come invertitore di fase
- 6V6 un tetrodo di potenza in configurazione Push-Pull
- 6V6 … evidentemente la seconda sezione del Push-Pull
Il mio esemplare
Di questo modello ho deciso di creare una versione stereo e quindi ho ricercato due esemplari per poterli far lavorare in questa modalità ottenendo quindi un ampli stereo da 12+12 Watt … e diciamo che un 24 Watt valvolare inizia ad essere molto interessante anche perché andremmo a sfruttare un quartetto di 6V6 in PP le cui doti musicali sono calde e potenti.
Partiamo dall’esemplare esteticamente peggiore e noto subito che i suoi 62 anni li dimostra tutti e, probabilmente, si è trovato negli ultimi tempi in una situazione particolarmente umida.
Sono visibili le tracce di umidità e ruggine sullo chassis, viti rovinate, detriti e sporco ; una manopola è stata sostituita e il vibratore non sincrono è danneggiato. Le 4 valvole sono ancora le sue originali, tutte marchiate Geloso e quindi andremo a misurarne le caratteristiche per poterne valutare lo stato d’efficienza.
Uno sguardo all'interno
Per capire le reali condizioni dell’amplificatore e valutare se lo stato permette un restauro accurato non possiamo far altro che dare un occhiata all’interno. Bene, tutti i componenti sono originali e non si vedono segni di riparazioni maldestre o manomissioni; i grossi elettrolitici hanno un adesivo incollato e se questo esemplare si fosse trovato ad affrontare un allagamento ( cosa che non escludevo a priori) li avrei trovati scollati e pieni di sporcizia. Internamente invece, tolto lo strato di polvere degli ultimi 60 anni l’amplificatore è in ordine apparente e direi che non ha mai subito alcuna riparazione.
Lo schema
Una rapida occhiata allo schema, documento che accompagnerà tutto il restauro e che permette di capire a fondo l’apparecchio. In sostanza non vi è nulla di particolare … nella parte bassa si trova la sezione di alimentazione in cui si può notare a sx la presa da rete o da batteria. Per la rete c’è dapprima il selettore che permette di scegliere rete/batteria e poi il cambiotensione che seleziona il corretto primario nel trasformatore, nella batteria invece dopo il selettore si trova il vibratore non sincrono che fa vibrare una lamella a 100Hz ed ha lo scopo di abilitare e disabilitare il passaggio della corrente continua in un primario dedicato del trasformatore di alimentazione; in questo modo si viene a creare una fem che ritroverò sui secondari; approfondirò l’argomento in seguito visto che è danneggiato! Sul lato destro della sezione alimentazione si trova il ponte a diodi ( che andrà sostituito a prescindere e poi spiegherò bene il perché) relativo alla tensione anodica, e più in basso le tensioni di accensione dei filamenti. E’ da notare che nel funzionamento a batteria è stato aggiunto un filtro composto dall’induttanza 321-005 e i due condensatori da 0.25 e 200 uF … questo, probabilmente, per filtrare la tensione generata dal vibratore non sincrono che, evidentemente non può generare una tensione alternata sufficientemente stabile e pulita e comunque a forma trapezioidale piuttosto che sinusoidale.
Si passa poi, attraverso l’induttanza filtro Z305R , all’amplificatore vero e proprio dove , da sx, si vede il primo doppio triodo 12AT7 che si occupa di preamplificare il debole segnale del microfono e il secondo a gestire l’ingresso fono. Qui si vedono anche i potenziometri di controllo per il volume del microfono e del fono …. da qui si capisce anche che i due canali non si escludono a vicenda ma si miscelano sulla griglia del secondo triodo della 12AT7.
A seguire il secondo doppio triodo … 12AX7 che ha in ingresso il potenziometro di regolazione di tono ( che poi analizzeremo per bene) e in uscita il doppio segnale invertito per comandare le due valvole finali. In questo caso quindi questo secondo triodo ha la funzione di invertitore di fase.
Infine le due finali 6V6 in configurazione Push-Pull che scaricano tutta la loro potenza sul trasformatore finale sul quale sono stati ricavati tanti secondari per poter permettere all’utente di gestire carichi con differenti impedenze. In realtà, nella norma, venivano collegati in uscita diversi altoparlanti e quindi si rendeva necessario cercare di collegarli in modo da avere una impedenza risultante che permettesse il migliore trasferimento di potenza dall’amplificatore. Ecco perché troviamo differenti impedenze … in base al numero degli altoparlanti collegati ( in serie o in parallelo o, addirittura, gruppi misti) e alla lunghezza e sezione del cavo si sceglieva l’uscita più opportuna. Le possibili combinazioni sono 16 e partono da 1,25 ohm fino ad arrivare a 500 ohm
Iniziamo
Ed ecco il telaio, più o meno come si era trovato 60 anni fa a Milano.
In questo caso ho proceduto ad una sabbiatura piuttosto energica per togliere sia la vernice superstite, sia le tracce di ruggine. Questo lavoro è stato, chiaramente, anche fatto sull’altra parte del telaio , quella che viene montata sopra a protezione delle valvole.
La Geloso usava una vernice con effetto martellato per i suoi amplificatori, effetto che conferisce un aspetto ‘industriale’. Questo tipo di vernice ha anche un altro scopo … le lamiere usate non sono prive di microporosità e, probabilmente all’epoca, non si riusciva a trovare di meglio a buon mercato considerando il fatto che l’obbiettivo era quello di creare una macchina robusta a scapito della bellezza estetica. Credo quindi che questa vernice ad effetto martellato servisse anche a mascherare quelle che erano le imperfezioni della lamiera utilizzata. Trovare oggi la stessa vernice sarebbe anche possibile ma preferisco procedere ad una verniciatura lucida conscio del fatto che dovrò lavorare per ‘recuperare’ le imperfezioni del metallo.
Procedo quindi con una verniciatura a spruzzo bicomponente , un RAL 7001 e poi un trasparente protettivo.
Dopo la prima mano di grigio lucido sono evidenti tutti i segni e le imperfezioni della lamiera che andranno corretti.
Ecco due immagini del riparo … a dx come si presentava e qui in alto dopo la sabbiatura e prima mano di vernice. Ho marcato tutte le zone con porosità per le quali è necessaria una correzione prima delle mani successive.
Ed ecco il risultato dopo alcune mani di grigio. In effetti la vernice copre molto bene anche dopo una sola mano ma, volendo seguire la filosofia del ‘deve durare a lungo’ ho voluto dare una certa robustezza allo strato di vernice che, comunque, verrà ulteriormente protetto da alcune mani di trasparente lucido.
Ora che la base è pronta occorrerà procedere al montaggio delle parti ma, ognuna dovrà essere testata e misurata per verificare il corretto funzionamento ed evitare spiacevoli inconvenienti futuri. Andremo quindi a focalizzare l’attenzione sui due trasformatori, quello d’alimentazione e il finale , l’adattatore di impedenza. Questi sono probabilmente i componenti più importanti e, fortunatamente, sono stati ben costruiti dalla Geloso. Infatti questa ditta non solo produceva radio e amplificatori ma, costruiva internamente tutti i componenti necessari; alcuni sostengono che i trasformatori di uscita venissero comperati all’estero. In effetti non è improbabile che per un certo periodo questo possa essere successo. Quello che noto io è che questo è montato con una carta isolante su cui riesco a leggere inequivocabili scritte che mi fanno supporre, senza molti dubbi, che sia di costruzione italiana e che in effetti sia stato prodotto dalla Geloso.
Per la misurazione del trasformatore di alimentazione ho utilizzato un Variac per poter salire con il voltaggio gradatamente e verificare eventuali problemi. A regime senza carico le tensioni sono :
- Bianco / Blu 13.6 volt
- Rosso / nero 7.0 volt
- arancio / arancio 275 volt
- bianco / rosso ( 110 volt) = 7.8 Ω
- bianco / giallo ( 125 volt) = 9.5 Ω
- bianco / verde (140 volt) = 11.5 Ω
- bianco / blu (160 volt) = 16.0 Ω
- bianco / nero (220 volt) = 30 Ω
- giallo rosso / rosso (vibratore) = 0.9 Ω
- arancio / arancio (anodica) = 70.5 Ω
- bianco blu / bianco blu (filamenti 12AX7) = 13.6 Ω
- rosso nero / rosso nero (filamento 12AT7) = 7.0 Ω
Il trasformatore d'uscita - TU
Qui a fianco , per comodità inserisco lo schema del TU. Analizzando lo schema è chiaro che il primario ha due sezioni collegate all’anodica, e una presa centrale collegata al negativo del ponte a diodi e, tramite il condensatore da 32uF va a massa. E’ il tipico primario di un Push-Pull.
Il secondario invece ha bisogno di qualche riflessione in più : di fatto sono due, i cui capi sono il 7 e l’1 per il primo e il 2 e 8 per il secondo; queste due sezioni hanno delle prese intermedie, il 5 e 3 per il primo e il 6 e 4 per il secondo. Dalla targhetta posta sul retro dell’apparecchio leggiamo che se colleghiamo il morsetto 1 e 8 insieme ( e quindi mettiamo in serie i due secondari) e preleviamo il segnale dal morsetto 7 e il morsetto 2, abbiamo un impedenza di 500 Ω … questo è chiaro … di fatto usiamo completamente tutti e due i secondari. Collegando i morsetti secondo la tabella riportata e prelevando il segnale dai morsetti segnalati sempre sulla medesima tabella ricaviamo le 16 combinazioni che ci permettono di adattare l’impedenza del secondario al carico che collegheremo. Quindi, il caso pratico , oggi, è una cassa da 8Ω e quindi andremo a scegliere in tabella il valore più prossimo … cioè il 7,5Ω. In questo caso il segnale andrà prelevato dai morsetti 1 e 5 e dovranno essere collegate insieme due coppie di morsetti : l’1 e 2 e il 5 e 6.
Per una trattazione un po’ più approfondita sulla modalità di misurazione e test di un TU rimando alla sezione tecnica qui, invece, basti sapere che per verificare il funzionamento corretto e la qualità del trasformatore, andremo a posizionare un carico da 500Ω tra i morsetti 7 e 2 e un ponte tra 1 e 8 in modo da verificare l’intero secondario. Procederò quindi a misurare con l’impedenzimetro l’impedenza riflessa del secondario a diverse frequenze ( il range classico delle udibili … e un po’ oltre) disegnando un grafico logaritmico che andrà a descrivere la curva di risposta del TU.
In questo modo sarà eseguita una prova qualitativa e funzionale ( anche se sommaria) del trasformatore e sarò certo che, una volta rimontato, non mi darà problemi.
Ed ecco, questo è il grafico di come varia l’impedenza in funzione della frequenza … le misure le ho fatte a partire dai 17Hz fino ad arrivare a 42.5 KHz. Va considerato che l’essere umano può sentire i suoni dai 20 Hz ai 20Khz ( quando si è giovani) ma è indubbio che le alte frequenze non udibili possono comunque influenzare anche le frequenze più basse. E’ comunque anche vero che ci sono persone che riescono a sentire i suoni anche oltre i 20Khz. Comunque, visto che è gratis, non costa nulla spingersi un po’ oltre e, come si vede bene dal grafico, il trasformatore arriva a toccare gli 8 kΩ a 27 Khz ( quindi oltre l’udibile per poi riscendere). Rimanendo nella sfera dell’udibile a 21 Khz è a 5KΩ … proprio quello che serve alla 6V6 ( questa è la misura di mezzo avvolgimento … nel totale si raddoppia chiaramente). Lo sbilanciamento tra i due rami è veramente ridicolo … si parla di una manciata di Ω ed è del tutto irrilevante.
Bene … provati i trasformatori posso iniziare a rimontare qualche pezzo; etichette in primis, spia, ingresso fono e ingresso micro … e piano piano l’amplificatore riprende la sua forma.
Analisi valvole finali 6V6
Il controllo delle valvole è un po’ più lungo ma assolutamente necessario. Trovo inutile spendere tempo e denaro nel restauro di un oggetto senza aver ben chiaro lo stato del ‘motore’ dell’amplificatore : le valvole.
Molti, per controllare le valvole preferiscono utilizzare i famosi prova-valvole, spesso di origine militare che, di fatto, danno spesso più un idea sullo stato della valvola piuttosto che una misura oggettiva dello stato e, occorre considerare che questi strumenti , spesso, non sono mai stati tarati. Non ho nulla contro i prova-valvole e chi li utilizza, sia ben chiaro, alcuni sono dei raffinati strumenti … ma io preferisco verificare lo stato della valvola in modo dinamico … proprio simulando le condizioni di lavoro a cui sarà sottoposta. Nel caso cercherò di approfondire l’argomento nella sezione tecnica.
Iniziando a prendersi cura di questi piccoli gioielli di tecnica del passato inizio a verificare i filamenti; controllo con il tester che non siano interrotti e poi li alimento con un alimentatore da banco a corrente costante per circa la metà del voltaggio e corrente indicati sul datasheet. Poi, pian piano incremento il voltaggio e la corrente avvicinandomi sempre di più ai valori nominali. Faccio questo per un motivo abbastanza semplice … risveglio dolcemente dal letargo riscaldando a poco a poco il filamento senza dare bruschi colpi di corrente che potrebbero danneggiarlo. Giunti ai valori di targa lasci acceso il filamento 10, 15 minuti e poi procedo con le misurazioni di trasconduttanza, mu, ecc ecc . In definitiva, senza tediare nessuno, riassumendo e semplificando, mi tiro fuori i grafici che vedete qui per ogni singola valvola e per ogni singola sezione.
Guardando i due grafici delle due valvole finali 6V6 capisco già molto della storia di questo amplificatore : ha lavorato poco! Le valvole sono entrambe sopra le caratteristiche dichiarate dal datasheet ( con le vecchie valvole capita spesso) e sono in una condizione eccelente. La 6V6 è una valvola molto robusta ma, come tutte le valvole tende a consumarsi. Quello che noto è che non sono perfettamente accoppiate ma la 6V6-2 eroga qualche milliampere in meno della sorella (che dovrebbe essere gemella). Se questo è completamente ininfluente su un amplificatore in classe A per un PushPull in cui la coppia di valvole lavora all’unisono amplificando parti di una stessa sinusoide va da se che si genera un leggero squilibrio e quindi distorsione e armoniche ecc. ecc. L’entità è esigua e non intendo sostituirle (o accoppiarle meglio con altre) fino alla fine del lavoro, quando, oscilloscopio alla mano andrò a misurare l’entità della distorsione prodotta che, allo stato attuale valuto come molto bassa.
Ho inserito per una veloce comparazione anche il grafico del datasheet in cui ho tracciato una linea rossa sui 300 volt in quanto la mia misurazione ha come fondo scala proprio i 300 volt ovvero la tensione max in uso nell’amplificatore.
Analisi valvola 12AT7
Per completezza verifico anche le altre due valvole, entrambe doppi triodi e quindi con due sezioni. L’ultima immagine è relativa al grafico del datasheet ed anche qui, per una più veloce comparazione ho tracciato la linea rossa sui 300v. Questa è la valvola in cui un triodo preamplifica il microfono e il secondo triodo preamplifica l’ingresso fono e, chiaramente, il segnale già preamplificato del microfono in arrivo dal primo triodo.
Non è quindi necessario che i valori siano identici … ed infatti tra le due sezioni vi è una certa differenza. Mentre il primo è appena un po’ piu basso di quanto dichiarato dal datasheet della valvola il secondo ( come le due 6V6) torna a superare i valori riportati. La differenza in questo caso è comunque esigua e, comunque, completamente ininfluente sulla qualità del suono. Da questa si vede , anche questa valvola gode di ottima salute e ha una lunga aspettativa di vita utile.
Analisi valvola 12AX7
La valvola 12AX7 è anche lei un doppio triodo e, in questo amplificatore è montata una ECC83 Geloso che è il perfetto equivalente. Per inciso l’equivalente della precedente 12AT7 è la ECC82.
Venendo alla funzione di questo doppio triodo, come già detto, è quella di comandare le due finali e quindi si tratta di un invertitore di fase. Il primo triodo comanderà una 6V6 con il segnale proveniente dalla 12AX7, mentre il secondo triodo comanderà la seconda 6V6 ma con il segnale ruotato di 180°. Si nota subito che rispetto al grafico originale vi sia una perfetta corrispondenza ( anche se a colpo d’occhio sembrano molto diversi). Verifichiamo che su tutti i grafici con una griglia polarizzata a -2 volt la corrente di placca è di 2mA a 300Volt. Notiamo anche che i due triodi della valvola sono perfettamente simmetrici il che è un ottima partenza, visto che è qui che nascono i due segnali per le 6V6 … che quindi, in partenza, saranno identici.
Controllo elettronico
Arrivati a questo punto, i componenti più costosi di tutta la macchina sono stati ripuliti e testati ed è chiaro che non vi sono più ostacoli per la rimessa in funzione dell’apparato. La domanda che spesso mi faccio quando lavoro su un qualsiasi oggetto dismesso è : ‘ perchè non ti hanno più usato? dove sei rotto?’ . Ed in effetti, il capire se si è trattato di un guasto o piuttosto un semplice abbandono può essere utile a guardare con più attenzione un particolare piuttosto che un altro.
Da ciò che vedo è evidente che il vibratore non sincrono è danneggiato (addirittura aperto) e i cavi di collegamento interno sono fusi … per cui sono sicuro che qualcosa sia successo e non si sia trattato di semplice abbandono. Eppure le valvole sono perfette, i trasformatori sani … non ho trovato segni di bruciature all’interno. Trattandosi di un componente che entra in funzione solo con l’alimentazione a batterie tengo ben presente che dovrò verificare per bene questa sezione.
Adesso il lavoro più lungo … il controllo di tutti i componenti , resistenze e condensatori e del cablaggio. Sui condensatori non nutro alcuna speranza, visto i segni di umidità … sulle resistenze incrocio le dita! In pratica si tratta di smontare dal circuito ogni singolo componente e, a banco, misurarlo e testarlo. Per i condensatori elettroliti, in particolare, controllo l’isolamento, l’ESR, il valore effettivo ecc.
Procedo
Inutile dire che i grossi elettrolitici sono tutti andati … ed anche i piccoli da 25 uF a 30V non sono più in condizioni di lavorare. Sulla basetta procedo al controllo sistematico di tutti i componenti, dissaldandoli e misurandoli. Sui resistori , anche quelli di precisione, tutto perfetto. Le saldature sono state tutte riprese perché : ‘”non c’è modo migliore di mortificare un amplificatore se non con una saldatura fredda” come mi fu detto! Per cui, viste le saldature originali ( perfette all’occhio) ho preferito ripassarle vista l’età e memore dei consigli le ho curate in modo particolare … calde e ben fatte.
Ricablando il tutto noto che l’interruttore generale non è originale … infatti questo ha un singolo contatto mentre in origine doveva essere doppio , interruzione da rete elettrica e da batteria. Ed infatti i cavi del 12V erano ponticellati (male). Si … qualcosa è successo su questa sezione e guardando i cavi che portano i 12V vedo che in passato hanno scaldato.
Da tutto ciò deduco che il condensatore elettrolitico di filtro da 200uF 25V sicuramente è andato in perdita ( ed infatti io l’ho trovato fuori parametri) chiudendo verso massa la tensione. In questo modo una notevole corrente è passata attraverso il vibratore non sincrono danneggiandolo e, anche il contatto dell’interruttore non ha retto … il fusibile da 10A però ??? Chissà … magari è stato sostituito … io l’ho trovato integro. In questo modo però tutta la corrente è passata verso massa senza danneggiare altro.
1° controllo strumentale
Dato di fatto è che tutto è stato controllato ed è efficiente, le valvole sono ottime … il trasformatore … i condensatori sostituiti ecc ecc.! Quindi?
2° controllo strumentale 12AX7
Quindi, posizionandomi sull’invertitore di fase ( secondo triodo della 12AX7) , verifico la tensione che andrà a pilotare le due 6V6.
Come si vede dall’immagine le due 6V6 sono pilotate bene … le due righe (viola e gialla) sono le due tracce a 1000 Hz che andranno sulle rispettive griglie delle 6V6. Le vediamo sovrapposte e sfasate di 180° perchè questo è il lavoro che fa la 12AX7 per pilotare in push-pull le due finali.
Quindi se qui è tutto corretto il problema si restringe alla sezione di potenza.
Fatalità! A volte un problema che richiede un po’ di tempo per essere risolto si risolve da solo … o meglio … ti lancia un segnale preciso … da cogliere al volo! In questo caso è successo proprio così … evidentemente questo G221 aveva proprio una gran voglia di ritornare ai fasti di un tempo e, rimontate le 6V6 per andare avanti nei controlli rialimento il circuito. Dopo un paio di secondi ( le tensioni negli amplificatori a valvole salgono lentamente) sento un crepitio appena appena udibile … clic clic … spengo subito tutto!!
E lui! Ed infatti , come avevo scritto in precedenza : “va cambiato a prescindere” ; si tratta del ponte a diodi al selenio! Lo guardo e verifico subito la temperatura … caldissimo … per pochi secondi di alimentazione non è normale! L’ho preso in tempo!! Lo vedete nella foto , in primo piano : B300 C70 … è sul lato la scritta 2A1.
Ergo, sostituisco il ponte a diodi al selenio con uno al silicio e vi rimando alla sezione tecnica con tutta la spiegazione del perché non va lasciato e va cambiato a prescindere e del come si fa! Calcolo la resistenza di caduta … 220Ω per 2W e via … nel mentre mi accorgo anche di un contatto lasco tra il secondario del trasformatore di uscita e la massa … non era destino … le viti le ho dovute cambiare tutte! Questa in particolare era quella che stringeva un capo del trasformatore sulla massa … sembrava ben serrata ma, evidentemente il filetto ossidato ha falsato la percezione . Cambio la vite e stringo il morsetto!
Ed ecco un primo test dopo aver montato il ricevitore Bluetooth. E’ chiaro che non si può apprezzare la qualità audio ma, quantomeno , da un idea precisa del lavoro eseguito e del punto in cui sono arrivato!
3° controllo strumentale
Al terzo controllo, tutto ritorna al suo posto e l’amplificatore torna finalmente a suonare come un amplificatore a valvole deve suonare.
Misuro ancora una distorsione (clipping) al massimo volume, e quindi occorre ancora fare qualche verifica ma, allo stato attuale con il volume al 90% tutto va come le sacre scritture insegnano e quindi inizio ad usarlo al banco tenendolo acceso svariate ore per verificare il nuovo ponte a diodi e, soprattutto, la resistenza aggiunta per compensare l’innalzamento della tensione. Questa infatti tende a scaldare ( dissipa in calore la potenza in eccesso) ma devo verificare che la temperatura rimanga nei limiti accettabili ad un uso continuativo.
Nel mentre mi rendo conto che il restauro volge al termine :
- devo risolvere ancora il clipping ( anche se a orecchio si percepisce poco un amplificatore a valvole non può e non deve rimanere così!) ,
- devo ricostruire la manopola mancante del volume micro
- devo ricostruire la manopola del cambio tensione che è pesantemente rovinata.
- ultimo intervento … devo poter collegare una sorgente per la musica e, non volendo sostituire la presa fono o la presa micro, decido di inserire all’interno un modulo Bluetooth con una presa per uno dei due canali verso l’esterno ( sfruttando un foro preesistente dello chassis) in modo da accoppiarlo al fratello gemello che devo ancora restaurare e creare così una coppia stereofonica fruibile per l’uso di tutti i giorni!
Ed ecco un filmato con i due apparati collegati e funzionanti!
La coppia
Come accennavo all’inizio di questo lungo articolo, l’idea di base era quella di creare una coppia stereo e, dopo il restauro del primo, ho subito iniziato il secondo amplificatore. Installata la scheda Bluetooth nel primo esemplare ho sfruttato un foro esistente per installare un jack di collegamento. L’insieme funziona egregiamente.